Si allega il testo dell’omelia pronunciata dal Vescovo di Pavia, mons. Corrado Sanguineti, nel corso della Santa Messa esequiale per don Pino De Bernardis. La Celebrazione è stata presieduta dal Vescovo diocesano, mons. Giampio Devasini.
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Carissimi confratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, carissimi fratelli e sorelle nel Signore,
Lo scorso 18 marzo eravamo, come oggi, in tanti a celebrare con Don Pino la messa per i suoi novant’anni e circondavamo con affetto e gratitudine il nostro caro Don Pino, che dopo un periodo di riabilitazione, si apprestava a ritornare a casa, nella sua amata Casa Marchesani. Iniziava così per lui un periodo segnato dalla debolezza e dalle limitazioni del suo corpo, impedito nei movimenti, circondato dalla cura premurosa della fedele Ondina, alla quale oggi esprimiamo un grande grazie per com’è stata vicina in tutti questi anni a Don Pino, aiutata negli ultimi mesi da altre persone che si sono dedicate a lui. In queste settimane, chi l’andava a visitare, l’ha visto con i suoi occhi sereni, sempre più abbandonato al Signore, teso e pronto all’incontro con Lui, obbediente alle circostanze così differenti dalla sua vita in altri tempi così attiva e intensa, talvolta con qualche assenza di mente e di totale presenza alla realtà.
A qualche persona, egli ha espressamente detto che egli viveva, abbracciava la vita così come gli era offerta e data, giorno dopo giorno. Possiamo pensare che in questa umile adesione alla realtà, Don Pino abbia continuato a dire il suo “sì” a Cristo, fino all’incontro finale con Lui, oltre la soglia del tempo e della morte, e possiamo essere fiduciosi che per la sua fede, germogliata fin da piccolo nella sua famiglia, sotto lo sguardo dei suoi amati genitori, cresciuta negli anni del suo seminario e segnata, in modo profondo dall’incontro con il carisma di Don Luigi Giussani, per la sua fedeltà vissuta in 65 anni di sacerdozio – era stato ordinato in questa cattedrale il 15 giugno 1958 – egli ora sia accolto nell’abbraccio del Signore e nella compagnia dei santi e dei tanti amici che l’hanno preceduto nella casa del Padre.
In questo momento, lasciamo che sia la Parola di Dio a illuminare e a sostenere la nostra speranza e a rileggere il cammino di un uomo e di un prete che per tanti è stato amico e padre, ardente e appassionato nella sua fede, capace di generare, per grazia, un popolo di figli e di amici. Nella prima lettura, il profeta Ezechiele ha una visione impressionante: una distesa di ossa senza vita, che per la potenza dello Spirito, si vestono di carne e di nervi e riprendono a vivere, formando un esercito immenso. Gli viene rivelato: “Figlio dell’uomo, queste ossa sono tutta la casa d’Israele” (Ez 37,11). E al termine della visione, Dio si rivolge direttamente al suo popolo, allora disperso per l’esilio e annuncia una nuova vita, una risurrezione: “Vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete” (Ez 37,13-14). Qui direttamente non si sta parlando della risurrezione futura alla fine del mondo, ma di una risurrezione che inizia già a fiorire nel tempo, in un popolo di uomini e donne, prima morti e spenti, aridi e senza vita, che riprendono a vivere, a costruire, a sperare.
Ecco, carissimi amici, anche noi siamo chiamati a essere testimoni e protagonisti di questa risurrezione che germoglia, come albore, già ora, e, come ebbe a dire Don Giussani in una sua meditazione, “la risurrezione di Cristo è un popolo nuovo nella storia”, ha come primo segno e frutto l’accadere di un popolo nuovo nella storia. Un popolo di persone che, investite dall’energia di Cristo risorto, dal suo Spirito, vivono e riconoscono un cambiamento nella loro carne, vibrano di una vita nuova, che cresce e fiorisce come intelligenza e affezione, come intensità e amore, prima ignote e impensate. Questo è il miracolo che manifesta la presenza di Cristo nel mondo, una presenza che è perché opera e cambia!
Don Pino, fin dall’inizio del suo sacerdozio, vissuto a Portofino, è stato un testimone di questa novità di vita, non solo per la forza e la vivacità del suo temperamento, ma soprattutto per l’entusiasmo della sua fede, respirata e nutrita già in famiglia e nella sua parrocchia di Rapallo, ai piedi della Madonna di Montallegro, e nel dono di volti umani in cui ha riconosciuto la bellezza e l’umanità dello sguardo di Gesù: lui ricordava soprattutto lo sguardo dei suoi genitori e di alcuni sacerdoti incontrati da ragazzo, in parrocchia e poi in seminario. Ma per lui è stato determinante l’incontro con lo sguardo e l’umanità intensa e irruente di Don Giussani e con quella compagnia di giovani che intorno a Don Giussani era nata e si stava dilatando, agli inizi degli anni Sessanta.
Così, l’umanità viva, ardente di fede, del giovane Don Pino ha come trovato un punto di chiarezza, una presenza piena d’attrattiva, che l’ha rilanciato, con ancora più passione e con una nuova intelligenza, nell’opera della testimonianza e della comunicazione della fede tra i giovani. Com’è accaduto già a Don Giussani, Don Pino negli anni spesi nell’insegnamento di religione a scuola, nel servizio ai compiti che i vescovi gli hanno chiesto, nel tempo dedicato, rubando spesso ore al sonno, nello stare accanto alle persone, nell’ascoltare per ore dialoghi e confessioni, nel guidare la vita della comunità del movimento che andava crescendo, ha visto accadere di nuovo il miracolo della visione di Ezechiele: per la grazia dello Spirito, operante nel carisma educativo di Don Giussani, ha visto formarsi un popolo di persone che riprendevano passione e gusto nel vivere la fede, nell’appartenere alla Chiesa, nell’affrontare con libertà e responsabilità, anche con limiti ed errori, la realtà in tutti i suoi aspetti, generando opere, come la scuola “Maria Luigia”, a cui, finché ha potuto, ha dedicato le sue cure e la sua paternità.
Carissimi fratelli e sorelle, se guardiamo al popolo di cui siamo figli, generato dallo Spirito attraverso la paternità di uomini come Don Giussani e come Don Pino, sentiamo riecheggiare in noi la parola dell’apostolo Paolo, che all’inizio della sua prima lettera ai Corinzi, ringrazia Dio per l’opera che egli ha visto compiersi in quella comunità, nata dalla sua predicazione: “La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi” (1Cor 1,6-7). Nella vita di Don Pino, ovviamente con i limiti e le imperfezioni della sua persona e del suo carattere, traspare la testimonianza di Cristo, che attraverso la sua dedizione sacerdotale, si è resa visibile nell’esistenza di tante persone con cui egli è entrato in contatto e nel popolo di cui è stato, allo stesso tempo, padre e figlio. La testimonianza di Cristo intesa non solo come la testimonianza che Don Pino ha reso a Cristo, anche nel tratto finale della sua parabola umana, ma soprattutto intesa come la testimonianza che Cristo rende a se stesso, nella sua capacità di rigenerare esistenze inaridite o stanche e di edificare un’unità tra uomini, prima estranei tra loro, impossibile a noi uomini. Ed è questa testimonianza che siamo chiamati a riconoscere e di cui essere grati: perché Don Pino, come Don Giussani, come ogni testimone di Cristo, passa, almeno in termini umani e temporali, e certamente ci mancherà la sua persona, con i suoi tratti, il suo sguardo, la sua indomabile passione a chi incontrava, la sua affezione semplice alla Chiesa e al movimento. Perché, egli non ci ha mai legato a sé, non ci ha mai trattenuto a sé, sempre rimandava alla storia, all’appartenenza al movimento e alla Chiesa, nella forma concreta e presente. Don Pino dunque passa, ma ciò che ci ha testimoniato resta, perché è Cristo che continua a essere vivo e all’opera qui e ora, nella sua Chiesa e nel mondo.
Infine, il Vangelo di oggi ci riporta al cuore dell’avventura umana e cristiana di questo nostro fratello, padre e amico; è la domanda che Gesù risorto rivolge a Simon Pietro, in quell’alba sul lago, è la domanda decisiva da cui tutto nasce e riprende vita: “Simone di Giovanni, mi ami? Mi vuoi bene” (Gv 21,16.17). La risposta immediata e sincera di Pietro è riecheggiata nel cuore di Don Pino, chissà quante volte: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene” (Gv 21,17). Le parole che Cristo ha rivolto allora all’apostolo, che aveva rinnegato il Maestro, indicano bene la direzione che ha assunto il cammino di Don Pino in questi ultimi mesi di forzata inattività: “In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi” (Gv 21,18).
Possiamo immaginare che nel dialogo del cuore, Don Pino abbia accolto queste parole del Signore, abbia accettato di non potersi più vestire da solo, si sia lasciato portare anche dove umanamente non voleva – perché deve essere stata una fatica accettare di vivere così gli ultimi giorni della sua esistenza tra noi. Ma alla fine, si sia lasciato prendere per mano e abbia detto il suo ultimo sì a Cristo. Mentre preghiamo per lui e lo accompagniamo al Padre, chiediamo la grazia di sentire anche noi la stessa parola del Signore – “Seguimi” – e di seguirlo con fedeltà e letizia ogni giorno. Amen!